Le cose radicate
nella virtú, ancora che il fondamento sia basso e vile, sormontano sempre in
altezza di mano in mano, e fino a che elle non sono arrivate in altissima sublimità,
non si arrestano o posan mai; sí come chiaramente poté vedersi nel debile e
basso principio della casa de' Bellini, e nella gagliarda et alta eccellenza
dove e' salirono con la pittura. Con ciò sia che Iacopo Bellini pittore veneziano,
concorrente di quel Domenico che insegnò il colorire ad olio ad Andrea da 'l
Castagno, ancora che molto si affaticasse per venire eccellente nella arte,
non acquistò però nome in quella, se non dopo la partita di esso Domenico. Ma
poi ritrovandovisi unico, cioè senza alcuno che lo pareggiasse, acquistando
credito e fama, desiderò di venire maggiore. E per questo con ogni studio e
sollecitudine attendendo al mestiero, cominciò a farsi lume per se medesimo,
e la fortuna a fargli favore et a provedergli gagliardo aiuto, ciò è due figliuoli,
Giovanni e Gentile. A' quali, poi che e' furono cresciuti in età conveniente,
insegnò egli stesso con ogni accuratezza i principii del disegno. E non passò
molto che l'uno e l'altro avanzorono di gran lunga il padre, il quale con ogni
sollecitudine attendeva ad inanimirgli; acciò che cosí come i Toscani tra lor
medesimi | portavano il vanto del vincersi l'un l'altro, secondo che e' venivono
a la arte di mano in mano, cosí avesse Giovanni a vincer lui, e Gentile poi
l'uno e l'altro. Furono le prime cose che diedono piú fama a Iacopo per gli
aiuti de' figliuoli una storia che alcuni dicono che è nella Scuola di San Giovanni
Vangelista, dove sono le storie della Croce. Le quali furono dipinte da loro
in tela, per avere del continuo costumato quella città di far lavorare in quella
maniera. Dilettossi Iacopo di lavorare egli solo, e dentro e fuori di Vinegia,
con tenere accesi allo studio delle difficultà della pittura nel colorire e
Giovanni e Gentile; il che fecero amendue di maniera che, dopo la morte del
padre, lavorarono in compagnia molte cose lodate. E cosí successe miglior fortuna
nell'arte a Giovanni, il quale dotato dalla natura d'ingegno e di memoria migliore,
divenne e piú pratico e di maggiore intelligenzia e di piú giudizio che non
fu Gentile,avendo acquistato Giovanni credito e nome grandissimo da aver ritratto
di naturale molte persone, e fra gli altri un doge di quella città, che dicono
essere stato da ca' Loredano. Il ritratto del quale fu per la amicizia presa
con esso cagione che e' facesse per suo mezzo, nella chiesa di San Giovanni
e Pavolo, la cappella di San Tommaso d'Aquino; per la quale opera, reputata
certo bellissima, fu egli tenuto in quel grado che maggior si poteva in quella
professione. E non andò molto che e' fu ricerco da far una tavola in Canaregio
nella chiesa di San Giobbo, dove egli fece dentro una Nostra Donna con molti
santi, che sempre gli ha mantenuto quello istesso nome di celebrato che egli
si acquistò in quella città. Spartosi dunque il nome suo per quel paese, erano
con prieghi intercesse l'opere da lui e con mezzi grandi, come fu la tavola
che è oggi in Pesaro di sua mano in San Fran|cesco, che fu tenuta per un tempo
cosa molto eccellente, per vedersi dentro a quella una pulitezza et una diligenzia
straordinaria. Fece nella chiesa di San Zacaria dove stanno le monache, alla
cappella di San Girolamo, una tavola che vi è dentro variati santi intorno alla
Nostra Donna, dove è usato ingegno e giudizio in un casamento che v'è dentro,
e cosí nelle figure; la quale fu lodata grandemente da gli artefici e gentiluomini
di quella città. Egli ancora nella sagrestia de' frati minori, detta la Ca'
Grande, ne fece un'altra, che di assai bella maniera e con bonissimo disegno
fu condotta. A San Michele poi di Murano lavorò un'altra tavola, et a S. Francesco
della Vigna, dove stanno frati del Zoccolo, nella chiesa vecchia pose un quadro
di un Cristo morto; la fama del quale si divulgò talmente, che Lodovico XI Re
di Francia invaghito del suo nome, lo mandò a chiedere a quella città, dalla
quale con difficultà gli fu concesso, et in luogo di quello ve ne fu messo un
altro sotto il nome di Giovan Bellino, il quale non fu sí leggiadro né sí ben
condotto quanto quello. Perché si tiene che un Girolamo Mocetto suo creato vi
lavorasse sopra, sendo la differenza dal primo tanto diversamente condotta.
Rimasto Giovanni vedovo di Gentile, che sempre amò tenerissimamente, andava lavorando e passandosi tempo, ancora che egli fusse vecchio; e per che e' si era dato a far ritratti di naturale, introdusse una usanza in quella città, che chi era niente di grado, si faceva fare o da lui o da altri il suo ritratto, come appare per tutte le case di Venezia che son tutte piene di quegli, e vi si vede per infino in quarta generazione i discendenti nella pittura.
Ritrasse
Giovanni per Messer Pietro Bembo, che ancora non stava con Leone X, la sua innamorata,
da 'l quale ebbe oltra al pagamento un bellissimo sonetto che comincia:
O
imagine mia celeste e pura
Che
splendi piú che il sole a gli occhi miei.
Fece
Giovanni un numero grandissimo di opere e quadri che sono riposti in quelle
case de' gentiluomini di Venezia, de' quali per la moltitudine non iscade far
menzione, avendo io insegnato dove sono le cose piú notabili e belle che e'
facesse mai. Né ancora dirò tutto quel che di suo egli mandò per il dominio
di Venezia e molti ritratti di principi che egli fece,senza
le altre cose spezzate di alcuni quadroni fatti loro, come in Rimino al Signor
Sigismondo Malatesta un quadro d'una Pietà che ha due puttini che la reggono,
la quale è oggi in San Francesco in quella città.
Ebbe
Giovanni molti discepoli a i quali egli con grande amorevolezza insegnò l'arte,
fra i quali fu in Padova già 60 anni Iacopo da Montagna, che | imitò molto la
sua maniera per quanto mostrano l'opere sue che si veggono et in Padova et in
Venezia. Ma quello che piú di tutti lo imitò e gli fece
maggiore onore, fu il Rondinello da Ravenna, del quale si serví sempre in tutte
le opere sue. Costui fece in Ravenna molte opere, come
in San Domenico una tavola e nel duomo un'altra, ch'è tenuta molto bella per
di quella maniera. E quella che passò tutte l'altre, a'
frati Carmelitani nella chiesa di San Giovan Batista, dove è una Nostra Donna
con due santi bellissimi. Ma fra tutte le cose che vi sono ci è un Santo Alberto
loro frate, che è bellissimo nella testa e ne' panni e per tutta la figura.
Sté con seco, ancora che facesse poco frutto Benedetto Coda da Ferrara, che
abitò a Rimini, et in quella città fece molte pitture, lasciando di sé Bartolomeo
suo figliuolo che fece il medesimo. Dicesi che ancora Giorgione da Castelfranco
attese a quella arte seco ne' suoi primi principii, e molti altri del Travisano
e Lombardi, che non iscade farne memoria.
Né
mancò in Venezia chi con sonetti volgari e con epigrammi latini cercassi di
onorarlo morto, come egli aveva cercato sempre di onorar vivo la patria sua.
E molti gli renderono i versi che egli aveva già fatti nella giovanezza nel
dilettarsi della poesia, e quello che molto piú importa, fu lodato da il lodatissimo
Ariosto che, nel far menzione de gli eccellenti pittori moderni, nel canto xxxiii
a la seconda stanza disse: |
Que'
ch'a' nostri dí furo e sono ancora,
Leonardo, Andrea Mantegnia e Gian Bellino.