BATTISTA FRANCO
Pintor Veneciano
Battista Franco viniziano avendo nella sua prima fanciullezza atteso al
disegno, come colui che tendeva alla perfezione di quellarte, se nandò
di venti anni a Roma, dove, poi che per alcun tempo con molto studio ebbe
atteso al disegno, e vedute le maniere di diversi, si risolvé non volere
altre cose studiare né cercare dimitare che i disegni, pitture e sculture
di Michelagnolo; per che datosi a cercare, non rimase schizzo, bozza,
o cosa, non che altro, stata ritratta da Michelagnolo, che egli non disegnasse.
Onde non passò molto che fu de primi disegnatori che frequentassino
la capella di Michelagnolo, e, che fu più, stette un tempo senza volere
dipignere o fare altra cosa che disegnare. Ma venuto lanno 1536, mettendosi
a ordine un grandissimo e sontuoso apparato da Antonio da San Gallo per
la venuta di Carlo Quinto imperatore, nel quale furono adoperati tutti
glartefici buoni e cattivi, come in altro luogo sè detto, Raffaello
da Montelupo, che avea a fare lornamento di ponte SantAgnolo e le dieci
statue che sopra vi furono poste, disegnò di far sì che Battista fusse
adoperato anchegli, avendolo visto fino disegnatore e giovane di bellingegno,
e di fargli dare da lavorare ad ogni modo. E così parlatone col San Gallo,
fece tanto, che a Battista furono date a fare quattro storie grandi a
fresco di chiaro scuro nella facciata della Porta Capena, oggi detta di
San Bastiano, per la quale aveva ad entrare limperatore. Nelle quali
Battista, senzavere mai più tocco colori, fece sopra la porta larme
di papa Paulo Terzo e quella di esso Carlo imperatore, et un Romulo che
metteva sopra quella del Pontefice un regno papale e sopra quella di Cesare
una corona imperiale; il quale Romulo, che era una figura di cinque braccia,
vestita allantica e con la corona in testa, aveva dalla destra Numa Pompilio
e dalla sinistra Tullo Ostilio, e sopra queste parole: QUIRINUS PATER.
In una delle storie che erano nelle facciate de torrioni che mettono
in mezzo la porta, era il maggior Scipione che trionfava di Cartagine,
la quale avea fatta tributaria del popolo romano; e nellaltra a man ritta
era il trionfo di Scipione minore, che la medesima avea rovinata e disfatta.
In uno di due quadri, che erano fuori de torrioni nella faccia dinanzi,
si vedeva Annibale sotto le mura di Roma essere ributtato dalla tempesta;
e nellaltro a sinistra Flacco entrare per quella porta al soccorso di
Roma contra il detto Annibale. Le quali tutte storie e pitture, essendo
le prime di Battista, e rispetto a quelle deglaltri, furono assai buone
e molto lodate. E se Battista avesse prima cominciato a dipignere et andare
praticando talvolta i colori e maneggiare i pennegli, non ha dubbio che
averebbe passato molti; ma lo stare ostinato in una certa openione che
hanno molti, i quali si fanno a credere che il disegno basti a chi vuol
dipignere, gli fece non piccolo danno. Ma con tutto ciò egli si portò
molto meglio che non fecero alcuni di coloro che fecero le storie dellarco
di San Marco, nel quale furono otto storie, cioè quattro per banda, che
le migliori di tutte furono parte fatte da Francesco Salviati e parte
da un Martino et altri giovani tedeschi, che pur allora erano venuti a
Roma per imparare. Né lascerò di dire a questo proposito che il detto
Martino, il quale molto valse nelle cose di chiaro scuro, fece alcune
battaglie con tanta fierezza e sì belle invenzioni in certi affronti e
fatti darme fra Cristiani e Turchi, che non si può far meglio. E quello
che fu cosa maravigliosa, fece il detto Martino e suoi uomini quelle
tele con tanta sollecitudine e prestezza, perché lopera fusse finita
a tempo, che non si partivano mai dal lavoro; e perché era portato loro
continuamente da bere, e di buon greco, fra lo stare sempre ubriachi e
riscaldati dal furor del vino e la pratica del fare, feciono cose stupende.
Quando dunque videro lopera di costoro il Salviati e Battista et il Calavrese,
confessarono esser necessario che, chi vuole esser pittore, cominci ad
adoperare i pennegli a buonora: la qual cosa avendo poi meglio discorsa
da sé, Battista cominciò a non mettere tanto studio in finire i disegni,
ma a colorire alcuna volta. Venendo poi il Montelupo a Fiorenza, dove
si faceva similmente grandissimo apparato per ricevere il detto imperatore,
Battista venne seco; et arrivati, trovarono il detto apparato condotto
a buon termine: pure essendo Battista messo in opera, fece un basamento
tutto pieno di figure e trofei sotto la statua che al canto de Carnesecchi
avea fatta fra GiovannAgnolo Montorsoli. Per che conosciuto fra glartefici
per giovane ingegnoso e valente, fu poi molto adoperato nella venuta di
madama Margherita dAustria, moglie del duca Alessandro, e particolarmente
nellapparato che fece Giorgio Vasari nel palazzo di messer Ottaviano
de Medici, dove avea la detta signora ad abitare.
Finite queste feste, si mise Battista a disegnare con grandissimo studio le statue di Michelagnolo che sono nella sacristia nuova di San Lorenzo, dove allora essendo volti a disegnare e fare di rilievo tutti i scultori e pittori di Firenze, fra essi acquistò assai Battista; ma fu nondimeno conosciuto lerror suo di non aver mai voluto ritrarre dal vivo o colorire, né altro fare che imitare statue e poche altre cose che gli avevano fatto in tal modo indurare et insecchire la maniera, che non se la potea levar da dosso, né fare che le sue cose non avessono del duro e del tagliente, come si vide in una tela dove fece con molta fatica e diligenza Lucrezia romana violata da Tarquinio. Dimorando dunque Battista in fra gli altri e frequentando la detta sacristia, fece amicizia con Bartolomeo Amannati scultore, che in compagnia di molti altri là studiavano le cose del Buonarroto; e fu sì fatta lamicizia, che il detto Amanati si tirò in casa Battista et il Genga da Urbino, e di compagnia vissero alcun tempo insieme et attesero con molto frutto agli studii dellarte. Essendo poi stato morto lanno 1536 il duca Alessandro, e creato in suo luogo il signor Cosimo de Medici, molti de servitori del Duca morto rimasero a servigii del nuovo et altri no; e fra quelli che si partirono fu il detto Giorgio Vasari, il quale tornandosi ad Arezzo con animo di non più seguitare le corti, essendogli mancato il cardinale Ippolito de Medici, suo primo señor, e poi il duca Alessandro, fu cagione che Battista fu messo al servizio del duca Cosimo et a lavorare in guardaroba; dove dipinse in un quadro grande, ritraendogli da uno di fra Bastiano e da uno di Tiziano, papa Clemente et il cardinale Ip polito, e da un del Puntormo il duca Alessandro. Et ancorché questo quadro non fusse di quella perfezione che si aspettava, avendo nella medesima guardaroba veduto il cartone di Michelagnolo del Noli me tangere che aveva già colorito il Puntormo, si mise a far un cartone simile, ma di figure maggiori; e ciò fatto, ne dipinse un quadro, nel quale si portò molto meglio quanto al colorito; et il cartone che ritrasse, come stava apunto quel del Buonarroto, fu bellissimo e fatto con molta pacienza. Essendo poi seguita la cosa di Montemurlo, dove furono rotti e presi i fuorusciti e rebelli del Duca, con bella invenzione fece Battista una storia della battaglia seguita, mescolata di poesia a suo capriccio, che fu molto lodata, ancorché in essa si riconoscessino nel fatto darme e far de prigioni molte cose state tolte di peso dallopere e disegni del Buonarroto; perciò che essendo nel lontano il fatto darme, nel dinanzi erano i cacciatori di Ganimede che stavano a mirar luccello di Giove che se ne portava il giovinetto in cielo: la quale parte tolse Battista dal disegno di Michelagnolo per servirsene e mostrare che il Duca giovinetto, nel mezzo de suoi amici, era per virtù di Dio salito in cielo, o altra cosa somigliante. Questa storia, dico, fu prima fatta da Battista in cartone e poi dipinta in un quadro con estrema diligenza, et oggi è con laltre dette opere sue nelle sale di sopra del palazzo de Pitti, che ha fatto ora finire del tutto Sua Eccellenza illustrissima. Essendosi dunque Battista con queste et alcunaltre opere trattenuto al servizio del Duca insino a che egli ebbe presa per donna la signora donna Leonora di Tolledo, fu poi nellapparato di quelle nozze adoperato allarco trionfale della Porta al Prato, dove gli fece fare Ridolfo Ghirlandaio alcune storie de fatti del signor Giovanni padre del duca Cosimo; in una delle quali si vedeva quel señor passare i fiumi del Po e dellAdda, presente il cardinale Giulio de Medi ci, che fu papa Clemente Settimo, il signor Prospero Colonna et altri signori; e nellaltro la storia del riscatto di San Secondo. Dallaltra banda fece Battista, in unaltra storia, la città di Milano, et intorno a quella il campo della Lega, che partendosi vi lascia il detto signor Giovanni. Nel destro fianco dellarco fece, in unaltra, da un lato lOccasione, che avendo i capegli sciolti, con una mano gli porge al signor Giovanni, e dallaltro Marte che similmente gli porgeva la spada. In unaltra storia sotto larco era di mano di Battista il signor Giovanni che combatteva fra il Tesino e Biegrassa, sopra ponte Rozzo, difendendolo, quasi un altro Orazio, con incredibile bravura. Dirimpetto a questa era la presa di Caravaggio, et in mezzo alla battaglia il signor Giovanni che passava fra ferro e fuoco per mezzo lesercito nimico senza timore. Fra le colonne a man ritta era in un ovato Garlasso, preso dal medesimo con una sola compagnia di soldati; et a man manca, fra laltre due colonne, il bastione di Milano tolto a nemici. Nel frontone che rimaneva alle spalle di chi entrava, era il detto señor Giovanni a cavallo sotto le mura di Milano, che giostrando a singolar battaglia con un cavaliere, lo passava da banda a banda con la lancia. Sopra la cornice maggiore, che va a trovare il fine dellaltra cornice, dove posa il frontespizio, in unaltra storia grande fatta da Battista con molta diligenza, era nel mezzo Carlo Quinto imperadore, che coronato di lauro sedeva sopra uno scoglio con lo scetro in mano, et a piedi gli giaceva il fiume Betis con un vaso che versava da due bocche, et a canto a questo era il fiume Danubio, che con sette bocche versava le sue acque nel mare. Io non farò qui menzione dun infinito numero di statue che in questo arco accompagnavano le dette et altre pitture; perciò che, bastandovi dire al presente quello che appartiene a Battista Franco, non è mio ufficio quello raccontare che da altri nellapparato di quelle nozze fu scritto lungamente: senzaché, essendosi parlato dove facea bisogno de maestri delle dette statue, superfluo sarebbe qualunche cosa qui se ne dicessi, e massimamente non essendo le dette statue in piedi, onde possano esser vedute e considerate. Ma tornando a Battista, la migliore cosa che facesse in quelle nozze fu uno dei dieci sopradetti quadri che erano nellapparato del maggior cortile del palazzo de Medici, nel quale fece di chiaro scuro il duca Cosimo investito di tutte le ducali insegne. Ma con tutto che vi usasse diligenza, fu superato dal Bronzino, e da altri che avevano manco disegno di lui, nellinvenzione, nella fierezza e nel maneggiare il chiaro scuro, atteso (come sè detto altra volta) che le pitture vogliono essere condotte facili, e poste le cose a luoghi loro con giudizio e senza uno certo stento e fatica che fa le cose parere dure e crude; oltra che il troppo ricercarle le fa molte volte venir tinte e le guasta, perciò che lo star loro tanto a torno toglie tutto quel buono che suole fare la facilità e la grazia e la fierezza: le quali cose, ancorché in gran parte vengano e sabbiano da natura, si possono anco in parte acquistare dallo studio e dallarte. Essendo poi Battista condotto da Ridolfo Ghirlandaio alla Madonna di Vertigli in Valdichiana, il qual luogo era già membro del monasterio deglAngeli di Firenze dellordine di Camaldoli, et oggi è capo da sé in cambio del monasterio di San Benedetto, che fu per lassedio di Firenze rovinato, fuor della Porta a Pinti, vi fece le già dette storie del chiostro, mentre Ridolfo faceva la tavola e glornamenti dellaltar maggiore. E quelle finite, come sè detto nella Vita di Ridolfo, adornarno daltre pitture quel santo luogo, che è molto celebre e nomina- to per i molti miracoli che vi fa la Vergine madre del Figliuol di Dio. Dopo, tornato Battista a Roma, quando apunto sera scoperto il Giudizio di Michelagnolo, come quelli che era studioso della maniera e delle cose di quelluomo, il vide volentieri e con infinita maraviglia il disegnò tutto; e poi risolutosi a stare in Roma, a Francesco cardinale Cornaro, il quale aveva rifatto a canto a San Piero il palazzo che abitava, e risponde nel portico verso Camposanto, dipinse sopra gli stucchi una loggia che guarda verso la piazza, facendovi una sorte di grottesche tutte piene di storiette e di figure; la qual opera, che fu fatta con molta fatica e diligenza, fu tenuta molto bella. Quasi ne medesimi giorni, che fu lanno 1538, avendo fatto Francesco Salviati una storia in fresco nella Compagnia della Misericordia, e dovendo dargli lultimo fine e mettere mano ad altre che molti particolari disegnavano farvi, per la concorrenza che fu fra lui et Iacopo del Conte, non si fece altro; la qual cosa intendendo Battista, andò cercando con questo mezzo occasione di mostrarsi da più di Francesco et il migliore maestro di Roma; perciò che adoperando amici e mezzi fece tanto, che monsignor della Casa, veduto un suo disegno, gliele allogò. Per che messovi mano, vi fece a fresco San Giovanni Battista fatto pigliare da Erode e mettere in prigione. Ma con tutto che questa pittura fusse condotta con molta fatica, non fu a gran pezzo tenuta pari a quella del Salviati, per essere fatta con stento grandissimo e duna maniera cruda e malinconica, che non aveva ordine nel componimento, né in parte alcuna punto di quella grazia e vaghezza di colo- rito che aveva quella di Francesco. E da questo si può fare giudizio che coloro i quali seguitando questarte si fondano in far bene un torso, un braccio et una gamba, o altro membro ben ricerco di muscoli, e che lintendere bene quella parte sia il tutto, sono ingannati, perciò che una parte non è il tutto dellopera, e quegli la conduce interamente perfetta e con bella e buona maniera che, fatte bene le parti, sa farle proporzionatamente corrispondere al tutto; e che, oltre ciò, fa che la composizione delle figure esprime e fa bene quelleffetto che dee fare, senza confusione. E sopra tutto si vuole avvertire che le teste siano vivaci, pronte, graziose e con bellarie, e che la maniera non sia cruda, ma sia neglignudi tinta talmente di nero, chellabbiano rilievo, sfugghino e si allontanino secondo che fa bisogno; per non dir nulla delle prospettive de paesi e dellaltre parti che le buone pitture richieggiono; né che nel servirsi delle cose daltri si dee fare per sì fatta maniera che non si conosca così agevolmente. Si accorse dunque tardi Battista daver perduto tempo fuor di bisogno dietro alle minuzie di muscoli et al disegnare con troppa diligenza, non tenendo conto dellaltre parti dellarte. Finita questopera, che gli fu poco lodata, si condusse Battista, per mezzo di Bartolomeo Genga, a servigi del duca dUrbino per dipignere, nella chiesa e capella che è unita col palazzo dUrbino, una grandissima volta. E là giunto, si diede sùbito senza pensare altro a fare i disegni secondo linvenzione di quellopera e senza fare altro spartimento. E così, a imitazione del Giudizio del Buonarroto, figurò in un cielo la gloria de Santi, sparsi per quella volta sopra certe nuvole, e con tutti i cori deglAngeli intorno a una Nostra Donna, la quale, essendo assunta in cielo, è aspettata da Cristo in atto di coronarla, mentre stanno partiti in diversi mucchî i Patriarchi, i Profeti, le Sigille, glApostoli, i Martiri, i Confessori e le Vergini, le quali figure in diverse attitudini mostrano rallegrarsi della venuta di essa Vergine gloriosa. La quale invenzione sarebbe stata certamente grande occa sione a Battista di mostrarsi valentuomo, se egli avesse preso miglior via, non solo di farsi pratico ne colori a fresco, ma di governarsi con miglior ordine e giudizio in tutte le cose che egli non fece. Ma egli usò in questopera il medesimo modo di fare che nellaltre sue, perciò che fece sempre le medesime figure, le medesime effigie, i medesimi panni e le medesime membra, oltre che il colorito fu senza vaghezza alcuna et ogni cosa fatta con difficultà e stentata. Laonde finita del tutto, rimasero poco sodisfatti il duca Guidobaldo, il Genga e tutti glaltri che da costui aspettavano gran cose e simili al bel disegno che egli mostrò loro da principio. E nel vero, per fare un bel disegno Bat tista non avea pari e si potea dir valente uomo. La qual cosa conoscendo quel Duca, e pensando che i suoi disegni, messi in opera da coloro che lavoravano eccellentemente vasi di terra a Castel Durante, i quali si erano molto serviti delle stampe di Raffaello da Urbino e di quelle daltri valentuomini, riuscirebbono benissimo, fece fare a Battista infiniti disegni, che, messi in opera in quella sorte di terra gentilissima sopra tutte laltre dItalia, riuscirono cosa rara. Onde ne furono fatti tanti e di tante sorte vasi, quanti sarebbono bastati e stati orrevoli in una credenza reale: e le pitture che in essi furono fatte non sarebbono state migliori quando fussero state fatte a olio da eccellentissimi maestri. Di questi vasi adunque, che molto rassomigliano, quanto alla qualità della terra, quellantica che in Arezzo si lavorava anticamente al tempo di Porsena re di Toscana, mandò il detto duca Guidobaldo una credenza doppia a Carlo Quinto imperadore, et una al cardinal Farnese, fratello della signora Vettoria sua consorte. E devemo sapere che di questa sorte pitture in vasi non ebbono, per quanto si può giudicare, i Romani; perciò che i vasi che si sono trovati di que tempi pieni delle ceneri de loro morti, o in altro modo, sono pieni di figure graffiate a campite dun colore solo in qualche parte, o nero o rosso, o bianco, e non mai con lustro din- vetriato, né con quella vaghezza e varietà di pitture che si sono vedute e veggiono a tempi nostri. Né si può dire che, se forse lavevano, sono state consumate le pitture dal tempo e dallo stare sotterrate, però che veggiamo queste nostre diffendersi da tutte le malignità del tempo e da ogni cosa; onde starebbono, per modo di dire, quattro milanni sotto terra, che non si guasterebbono le pitture. Ma ancora che di sì fatti vasi e pitture si lavori per tutta Italia, le migliori terre e più belle nondimeno sono quelle che si fanno, come ho detto, a Castel Durante, terra dello stato dUrbino, e quelle di Faenza, che per lo più le migliori sono bianchissime e con poche pitture, e quelle nel mezzo o intorno, ma vaghe e gentili affatto. Ma tornando a Battista, nelle nozze che poi si fecero in Urbino del detto signor Duca e signora Vettoria Farnese, egli, aiutato da suoi giovani, fece neglarchi ordinati dal Genga, il quale fu capo di quellapparato, tutte le storie di pitture che vi andarono. Ma perché il Duca dubitava che Battista non avesse finito a tempo, essendo limpresa grande, mandò per Giorgio Vasari, che allora faceva in Arimini ai Monaci Bianchi di Scolca, Olivetani, una capella grande a fresco e la tavola dellaltare maggiore a olio, acciò che andasse ad aiutare in quellapparato il Genga e Battista. Ma sentendosi il Vasari indisposto, fece sua scusa con Sua Eccellenza e le scrisse che non dubitasse, perciò che era la virtù e sapere di Battista tale, che arebbe, come poi fu vero, a tempo finito ogni cosa. Et andando poi, finite lopere dArimini, in persona a fare scusa et a visitare quel Duca, Sua Eccellenza gli fece vedere, perché la stimasse, la detta capella stata dipinta da Battista; la quale molto lodò il Vasari e raccomandò la virtù di colui, che fu largamente satisfecho dalla molta benignità di quel señor. Ma è ben vero che Battista allora non era in Urbino, ma in Roma, dove attendeva a disegnare non solo le statue, ma tutte le cose antiche di quella città per farne, come fece, un gran libro, che fu opera lodevole. Mentre adunque che attendeva Battista a disegnare in Roma, messer Giovan Andrea dallAnguillara, uomo in alcuna sorte di poesie veramente raro, avea fatto una Compagnia di diversi beglingegni, e facea fare nella maggior sala di Santo Apostolo una ricchissima scena et apparato per recitare comedie di diversi autori a gentiluomini, si- gnori e gran personaggi; et avea fatti fare gradi per diverse sorti di spettatori, e per i cardinali et altri gran prelati accommodate alcune stanze, donde per gelosie potevano, senza esser veduti, vedere et udire. E perché nella detta Compagnia erano pittori, architetti, scultori e uomini che avevano a recitare e fare altri ufficii, a Battista et allAmannato fu dato cura, essendo fatti di quella brigata, di far la scena et alcune storie e ornamenti di pitture, le quali condusse Battista, con alcune statue che fece lAmannato, tanto bene, che ne fu sommamente lodato. Ma perché la molta spesa in quel luogo superava lentrata, furono forzati messer Giovan Andrea e glaltri levare la prospettiva e glaltri ornamenti di Santo Apostolo e condurgli in strada Giulia nel tempio nuovo di S. Biagio; dove avendo Battista di nuovo accommodato ogni cosa, si recitarono molte comedie con incredibile sodisfazione del popolo e cortigiani di Roma. E di qui poi ebbono origine i comedianti che vanno attorno, chiamati i Zanni. Dopo queste cose, venuto lanno 1550, fece Battista insieme con Girolamo Seciolante da Sermoneta al cardinale di Cesis, nella facciata del suo palazzo, unarme di papa Giulio III, stato creato allora nuovo Pontefice, con tre figure et alcuni putti, che furono molto lodate. E quella finita, dipinse nella Minerva, in una capella stata fagricata da un canonico di S. Piero e tutta ornata di stucchi, alcune storie della Nostra Donna e di Gesù Cristo in uno spartimento della volta, che furono la miglior cosa che insino allora avesse mai fatto. In una delle due facciate dipinse la Natività di Gesù Cristo con al cuni pastori et Angeli che cantano sopra la capanna, e nellaltra la Ressurrezione di Cristo, con molti soldati in diverse attitudini dintorno al sepolcro; e sopra ciascuna delle dette storie, in certi mezzi tondi, fece alcuni Profeti grandi; e finalmente, nella facciata dellaltare, Cristo crucifisso, la Nostra Donna, S. Giovanni, S. Domenico et alcunaltri Santi nelle nicchie: ne quali tutti si portò molto bene e da maestro eccellente. Ma perché i suoi guadagni erano scarsi e le spese di Roma sono grandissime, dopo aver fatto alcune cose in tela, che non ebbono molto spaccio, se ne tornò, pensando nel mutar paese mutare anco fortuna, a Vinezia sua patria, dove mediante quel suo bel modo di disegnare fu giudicato valentuomo; e pochi giorni dopo, datogli a fare per la chiesa di S. Francesco della Vigna, nella capella di monsignor Barbaro, eletto patriarca dAquilea, una tavola a olio, nella quale dipinse S. Giovanni che battezza Cristo nel Giordano, in aria Dio Padre, a basso due putti che tengono le vestimenta di esso Cristo, e negli angoli la Nunziata; et a piè di queste figure finse una tela sopraposta, con buon numero di figure piccole e ignude, cioè dAngeli, Demonii et anime in Purgatorio, e con un motto che dice: «In nomine Iesu omne genuflectatur». La qual opera, che certo fu tenuta molto buona, glacquistò gran nome e credito, anzi fu cagione che i frati de Zoccoli, i quali stanno in quel luogo et hanno cura della chiesa di S. Iobbe in Canareio, gli facessero fare in detto S. Iobbe, alla capella di Ca Foscari, una Nostra Donna che siede col Figliuolo in collo, un S. Marco da un lato, una Santa dallaltro, et in aria alcuni Angeli che spargono fiori. In S. Bartolomeo, alla sepoltura di Cristofano Fuccheri, mercatante todesco, fece in un quadro lAbondanza, Mercurio et una Fama. A messer Antonio della Vecchia viniziano dipinse, in un quadro di figure grandi quanto il vivo e bellissime, Cristo coronato di spine et alcuni Farisei intorno che lo scherniscono. Intanto, essendo stata col disegno di Iacopo Sansovino condotta nel palazzo di S. Marco (come a suo luogo si dirà) di muraglia la scala che va dal primo piano in su, et adorna con varii partimenti di stucchi da Alessandro scultore e creato del Sansovino, dipinse Battista per tutto grotteschine minute, et in certi vani maggiori buon numero di figure a fresco, che assai sono state lodate dagli artefici; e dopo fece il palco del ricetto di detta scala. Non molto dipoi, quando furono dati, come sè detto di sopra, a fare tre quadri per uno ai migliori e più reputati pittori di Vinezia per la Libreria di San Marco, con patto che, chi meglio si portasse a giudizio di que magnifici Se natori, guadagnasse, oltre al premio ordinario, una collana doro, Battista fece in detto luogo tre storie con due filosofi fra le finestre e si portò benissimo, ancorché non guadagnasse il premio dellonore, come dicemmo di sopra. Dopo le quali opere, essendogli allogato dal patriarca Grimani una capella in San Francesco dalla Vigna, che è la prima a man manca entrando in chiesa, Battista vi mise mano e cominciò a fare per tutta la volta ricchissimi spartimenti di stucchi ed istorie in figure a fresco, lavorandovi con diligenza incredibile. Ma, o fusse la trascuraggine sua, o laver lavorato alcune cose a fresco per le ville dalcuni gentiluomini e forse sopra mura freschissime, come intesi, prima che avesse la detta capella finita, si morì; et ella, rimasa imperfetta, fu poi finita da Federigo Zucchero da SantAgnolo in Vado, giovane e pittore eccellente, tenuto in Roma de migliori, il quale fece a fresco nelle facce dalle bande Maria Madalena che si converte alla predicazione di Cristo, e la ressurezione di Lazero suo fratello, che sono molto graziose pitture. E finite le facciate, fece il medesimo nella tavola dellaltare lAdorazione de Magi, che fu molto lodata. Hanno dato nome e credito grandissimo a Battista, il quale morì lanno 1561, molti suoi disegni stampati, che sono veramente da essere lodati. Nella medesima città di Vinezia, e quasi ne medesimi tempi, è stato, ed è vivo ancora, un pittore chiamato Iacopo Tintoretto, il quale si è dilettato di tutte le virtù e particolarmente di sonare di musica e diversi strumenti, et oltre ciò piacevole in tutte le sue azzioni: ma nelle cose della pittura stravagante, capriccioso, presto e risoluto, et il più terribile cervello che abbia avuto mai la pittura, come si può vedere in tutte le sue opere e ne componimenti delle storie, fantastiche e fatte da lui diversamente e fuori delluso deglaltri pittori; anzi ha superata la stravaganza con le nuove e capricciose invenzioni e strani ghiribizzi del suo intelletto, che ha lavorato a caso e senza disegno, quasi mostrando che questarte è una baia. Ha costui alcuna volta lasciato le bozze per finite, tanto a fatica sgrossate, che si veggiono i colpi de pennegli fatti dal caso e dalla fierezza, più tosto che dal disegno e dal giudizio. Ha dipinto quasi di tutte le sorti pitture a fresco, a olio, ritratti di naturale, et ad ogni pregio, di maniera che con questi suoi modi ha fatto e fa la maggior parte delle pitture che si fanno in Vinezia. E perché nella sua giovanezza si mostrò in molte bellopere di gran giudizio, se egli avesse conosciuto il gran principio che aveva dalla natura, et aiutatolo con lo studio e col giudizio, come hanno fatto coloro che hanno seguitato le belle maniere de suoi maggiori, e non avesse, come ha fatto, tirato via di pratica, sarebbe stato uno de maggiori pittori che avesse avuto mai Vinezia. Non che per questo si toglia che non sia fiero e buon pittore, e di spirito svegliato, capriccioso e gentile. Essendo dunque stato ordinato dal Senato che Iacopo Tintoretto e Paulo Veronese, allora giovani di grande speranza, facessero una storia per uno nella sala del gran Consiglio, et una Orazio figliuolo di Tiziano, il Tintoretto dipinse nella sua Federigo Barbarossa coronato dal Papa, figurandovi un bellissimo casamento et intorno al Pontefice gran numero di cardinali e di gentiluomini viniziani, tutti ritratti di naturale, e da basso la musica del Papa. Nel che tutto si portò di maniera, che questa pittura può stare a canto a quella di tutti e dOrazio detto; nella quale è una battaglia fatta a Roma fra i Todeschi del detto Federigo et i Romani, vicina a Castel SantAgnolo et al Tevere; et in questa è fra laltre cose un cavallo in iscorto, che salta sopra un soldato armato, che è bellissimo; ma vogliono alcuni che in questopera Orazio fusse aiutato da Tiziano suo padre. Appresso a queste Paulo Veronese, del quale si è parlato nella Vita di Mighele San Michele, fece nella sua il detto Federigo Barbarossa che, appresentatosi alla corte, bacia la mano a papa Ottaviano in pregiudizio di papa Alessandro Terzo; et oltre a questa storia, che fu bellissima, dipinse Paulo sopra una finestra quattro gran figure: il Tempo, lUnione, con un fascio di bacchette, la Pacienza e la Fede, nelle quali si portò bene quanto più non saprei dire. Non molto dopo, mancando unaltra storia in detta sala, fece tanto il Tintoretto, con mezzi e con amici, chella gli fu data a fare; onde la condusse di maniera che fu una maraviglia e che ella merita di essere fra le migliori cose, che mai facesse, annoverata: tanto poté in lui il disporsi di voler paragonare, se non vincere e superare, i suoi concorrenti che avevano lavorato in quel luogo. E la storia che egli vi dipinse, acciò anco da quei che non sono dellarte sia conosciuta, fu papa Alessandro che scomunica et interdice Barbarossa, et il detto Federigo che per ciò fa che i suoi non rendono più ubidienza al Pontefice. E fra laltre cose capricciose che sono in questa storia, quella è bellissima, dove il Papa et i cardinali gettando da un luogo alto le torce e candele, come si fa quando si scomunica alcuno, è da basso una baruffa dignudi che sazzuffano per quelle torce e candele, la più bella e più vaga del mondo. Oltre ciò, alcuni basamenti, anticaglie e ritratti di gentiluomini, che sono sparsi per questa storia, sono molto ben fatti e glacquistarono grazia e nome appresso dognuno. Onde in S. Rocco, nella capella maggiore, sotto lopera del Pordenone, fece duoi quadri a olio grandi quanto è larga tutta la capella, cioè circa braccia dodici luno. In uno finse una prospettiva come duno spedale pieno di letta e dinfermi in varie attitudini, i quali sono medicati da Santo Rocco, e fra questi sono alcuni ignudi molto bene intesi, et un morto in iscoro che è bellissimo; nellaltro è una storia parimente di Santo Rocco, piena di molte belle e graziose figure, e insomma tale chellè tenuta delle migliori opere che abbia fatto questo pittore. A mezza la chiesa, in una storia della medesima grandezza, fece Gesù Cristo che alla Probatica Piscina sana linfermo, che è opera similmente tenuta ragio nevole. Nella chiesa di Santa Maria dellOrto, dove si è detto di sopra che dipinsero il palco Cristofano et il fratello, pittori bresciani, ha dipinto il Tintoretto le due facciate, cioè a olio sopra tele, della capella maggiore, alte dalla volta insino alla cornice del sedere braccia ventidue. In quella che è a man destra ha fatto Moisè, il quale tornando dal monte dove da Dio aveva avuta la legge, truova il popolo che adora il vitel doro; e dirimpetto a questa, nellaltra, è il Giudizio universale del novissimo giorno, con una stravagante invenzione, che ha veramente dello spaventevole e del terribile per la diversità delle figure che vi sono di ogni età e dogni sesso, con strafori e lontani danime beate e dannate. Vi si vede anco la barca di Caronte, ma duna maniera tanto diversa dallaltre, che è cosa bella e strana; e se quella capricciosa invenzione fusse stata condotta con disegno corretto e regolato, et avesse il pittore atteso con diligenza alle parti et ai particolari, come ha fatto al tutto, esprimendo la confusione, il garbuglio e lo spavento di quel dì, ella sarebbe pittura stupendissima: e chi la mira così a un tratto resta maravigliato, ma considerandola poi minutamente, ella pare dipinta da burla. Ha fatto il medesimo in questa chiesa, cioè nei portegli dellorgano, a olio la Nostra Donna che saglie i gradi del tempio, che è unopera finita e la meglio condotta e più lieta pittura che sia in quel luogo. Similmente nei portegli dellorgano di Santa Maria Zebenigo fece la Conversione di San Paulo, ma con non molto studio; nella Carità una tavola con Cristo deposto di croce; e nella sacristia di San Sebastiano, a concorrenza di Paulo da Verona, che in quel luogo lavorò molte pitture nel palco e nelle facciate, fece sopra glarmarii Moisè nel deserto, et altre storie che furono poi seguitate da Natalino pittore viniziano e da altri. Fece poi il medesimo Tintoretto in San Iobbe, allaltare della Pietà, tre Marie, San Francesco, San Bastiano, San Giovanni et un pezzo di paese; e nei portegli dellorgano della chiesa de Servi, Santo Agosti no e San Filippo, e di sotto Caino chuccide Abel suo fratello. In San Felice, allaltare del Sacramento, cioè nel cielo della tribuna, dipinse i quattro Evangelisti; e nella lunetta sopra laltare una Nunziata, nellaltra Cristo che òra in sul monte Oliveto; e nella facciata lultima Cena che fece con glApostoli. In San Francesco della Vigna è di mano del medesimo, allaltare del Deposto di croce, la Nostra Donna svenuta con altre Marie et alcuni Profeti. E nella Scuola di San Marco da San Giovanni e Polo sono quattro storie grandi; in una delle quali è San Marco, che aparendo in aria, libera un suo divoto da molti tormenti che se gli veggiono apparecchiati con diversi ferri da tormentare, i quali rompendosi, non gli poté mai adoperare il manigoldo contra quel devoto; et in questa è gran copia di figure, di scorti, darmadure, casamenti, ritratti et altre cose simili, che rendono molto ornata quellopera. In unaltra è una tempesta di mare, e San Marco, similmente in aria, che libera un altro suo divoto; ma non è già questa fatta con quella diligenza che la già detta. Nella terza è una pioggia et il corpo morto dun altro divoto di San Marco, e lanima che se ne va in cielo; et in questa ancora è un componimento dassai ragionevoli figure. Nella quarta, dove uno spiritato si scongiura, ha finto in prospettiva una gran loggia, et in fine di quella un fuoco che la illumina con molti rinverberi. Et oltre alle dette storie è allaltare un San Marco di mano del medesimo, che è ragionevole pittura. Queste opere adunque, e molte altre che si lasciano, bastando avere fatto menzione delle migliori, sono state fatte dal Tintoretto con tanta prestezza, che quando altri non ha pensato a pena che egli abbia cominciato, egli ha finito. Et è gran cosa che, con i più stravaganti tratti del mondo, ha sempre da lavorare; perciò che quando non bastano i mezzi e lamicizie a fargli avere alcun lavoro, se dovesse farlo non che per piccolo prezzo, in dono e per forza, vuol farlo ad ogni modo.E non ha molto che, avendo egli fatto nella Scuola di San Rocco a olio, in un gran quadro di tela, la Passione di Cristo, si risolverono gluomini di quella Compagnia di fare di sopra dipignere nel palco qualche cosa magnifica et onorata, e perciò di allogare quel lopera a quello de pittori che erano in Vinezia, il quale facesse migliore e più bel disegno. Chiamati adunque Iosef Salviati, Federico Zucchero, che allora era in Vinezia, Paulo da Verona et Iacopo Tintoretto, ordinarono che ciascuno di loro facesse un disegno, promettendo a colui lopera che in quello meglio si portasse. Mentre adunque glaltri attendevano a fare con ogni diligenza i loro disegni, il Tintoretto, tolta la misura della grandezza che aveva ad essere lopera e tirata una gran tela, la dipinse, senza che altro se ne sapesse, con la solita sua prestezza e la pose dove aveva da stare. Onde ragunatasi una mattina la Compagnia per vedere i detti disegni e risolversi, trovarono il Tintoretto avere finita lopera del tutto e postala al luogo suo. Per che adirandosi con esso lui, e dicendo che avevano chiesto disegni e non datogli a far lopera, rispose loro che quello era il suo modo di disegnare, che non sapeva far altrimenti, e che i disegni e modelli dellopere avevano a essere a quel modo per non ingannare nessuno; e finalmente, che se non volevano pagargli lopera e le sue fatiche, che le donava loro; e così dicendo, ancorché avesse molte contrarietà, fece tanto che lopera è ancora nel medesimo luogo. In questa tela adunque è dipinto in un cielo Dio Padre che scende con molti Angeli ad abracciare San Rocco, e nel più basso sono molte figure che significano overo rappresentano laltre Scuole maggiori di Vinezia, come la Carità, S. Giovanni Evangelista, la Misericordia, S. Marco e S. Teodoro, fatte tutte secondo la sua solita maniera. Ma perciò che troppo sarebbe lunga opera raccontare tutte le pitture del Tintoretto, basti avere queste cose ragionato di lui, che è veramente valente uomo e pittore da essere lodato. Essendo ne medesimi tempi in Vinezia un pittore chiamato Brazacco, creato di casa Grimani, il quale era stato in Roma molti anni, gli fu per favori dato a dipignere il palco della sala maggiore de Cavi de Dieci. Ma conoscendo costui non poter far da sé et avere bisogno daiuto, prese per compagni Paulo da Verona e Battista Farinato, compartendo fra sé e loro quadri di pitture a olio che andavano in quel luogo: cioè ovati ne canti, quadri bislunghi, et un ovato maggiore nel mezzo; e questo, con tre de quadri, dato a Paulo Veronese, il quale vi fece un Giove che fulmina i Vizii et altre figure. Prese per sé due deglaltri ovati minori con un quadro, e due ne diede a Battista. In uno è Nettunno dio del mare; e ne glaltri, 2 figure per ciascuno, dimostranti la grandezza e stato pacifico e queto di Vinezia. Et ancora che tutti e tre costoro si portassono bene, meglio di tutti si portò Paulo Veronese, onde meritò che da que signori gli fusse poi allogato laltro palco chè a canto a detta sala; dove fece a olio, insieme con Battista Farinato, un S. Marco in aria sostenuto da certi Angeli, e da basso una Vinezia in mezzo alla Fede, Speranza e Carità: la quale opera, ancorché fusse bella, non fu in bontà pari alla prima. Fece poi Paulo solo nella Umiltà, in un ovato grande dun palco, unAssunzione di Nostra Donna con altre figure, che fu una lieta, bella e ben intesa pittura. È stato similmente a dì nostri buon pittore in quella città Andrea Schiavone: dico buono, perché ha pur fatto talvolta per disgrazia alcuna buonopera e perché ha imitato sempre, come ha saputo il meglio, le maniere de buoni. Ma perché la maggior parte delle sue cose sono stati quadri che sono per le case de gentiluomini, dirò solo dalcune che sono publiche. Nella chiesa di San Sebastiano in Vinezia, alla capella di quegli da Ca Pellegrini, ha fatto un San Iacopo con due pellegrini. Nella chiesa del Carmine, nel cielo dun coro, ha fatto unAssunta con molti Angeli e Santi; e nella medesima chiesa, alla capella della Presentazione, ha dipinto Cristo puttino, dalla Madre presentato al tempio, con molti ritratti di naturale; ma la migliore figura che vi sia è una donna che allatta un putto et ha addosso un panno giallo, la quale è fatta, con una certa pratica che susa a Vinezia, di macchie overo bozze, senza esser finita punto. A costui fece fare Giorgio Vasari lanno mille cinquecento e quaranta, in una gran tela a olio, la battaglia che poco innanzi era stata fra Carlo Quinto e Barbarossa; la quale opera, che fu delle migliori che Andrea Schiavone facesse mai e veramente bellissima, è oggi in Fiorenza in casa gleredi del magnifico messer Ottaviano de Medici, al quale fu mandata a donare dal Vasari.